Una valigia piena di… Portogallo
Voglio, avrò
se non qui,
in altro luogo che ancora non so.
Niente ho perduto.
Tutto sarò.
Fernando Pessoa, Voglio, avrò
In questo momento ho il cappuccio viola in testa, ma solo perché voglio sentirmi giovane. Ancora più giovane. In fin dei conti qui non c’è freddo: giro in felpa e le giornate sono tiepide nonostante sia novembre. Sono abituata ad altre temperature! Qui le persone indossano già il cappotto e i maglioni di lana. Io quasi sudo.
Immersa nel blu e nel bianco di Lisbona. Un altro mondo.
Partita di nuovo, dopo solamente tre mesi in terra italica, ho cambiato clima, colori, aria, cultura. Altro giro, altra corsa come in una giostra.
A gennaio avevo fatto domanda per la borsa di formazione europea Comenius. Mentre preparavo le valigie, a Halle, è arrivata una mail dal Portogallo: una certa Anabela si complimentava per la mia vincita e mi chiedeva quando potevo iniziare ad insegnare nella sua scuola.
Ho risposto che non sapevo di cosa stava parlando, mentre il cuore per un attimo mi si fermava. Ho chiuso le valigie e sono tornata in Italia. Intanto anche lei viaggiava: una lettera dal Life Long Learning Programme. Avevo evidentemente ricevuto l’opportunità di insegnare italiano in una scuola a Lisbona! Ho iniziato a ridere dall’agitazione. Mia sorella non ci credeva. Io nemmeno.
E ora? Insegno italiano in una scuola media ed elementare piena di bambini che gridano senza pensieri e che mi sorridono anche con gli occhi; tra le tante attività, gestisco un corso di lingua e cultura italiane, insegno danza ai bimbi delle elementari e ad una classe di undicenni splendidi, aiuto un insegnante di educazione fisica nelle ore di nuoto e suggerisco in una classe di lingua inglese.
Ho deciso di seguire un corso di chitarra e uno di lingua portoghese, nella scuola in cui insegno. Migliaia di parole straniere giocano a nascondino nella mia testa e i polpastrelli iniziano a regalarmi calli: si stanno innamorando delle corde. Le ore passano piene e preziose: esco da scuola che è già buio e guardo gli scorci del fiume Tejo mentre torno a casa. Novembre mi sta regalando anche arrivi a casa fradicia: il tempo cambia ogni cinque minuti.
Ho conosciuto l’Oceano, mai visto prima d’ora, e mi sono tuffata nell’acqua gelata; sto piano piano plasmando la mia figura professionale, assorbendo esperienze e regalandone di mie; mastico e sogno parole portoghesi; ascolto, ne imito i suoni e piano piano conosco nuovi stili di vita, persone, rumori e sapori.
Ogni sera, verso le 23, entra dalla finestra della mia mansarda un profumo di pane: abito vicino a un forno che puntualmente mi assuefa le narici e mi concilia il sonno. Gli amici in Italia ormai ne sentono il profumo: quando li sento su Skype, la sera, trattengo per un attimo il respiro e li invito ad annusare. Anche in Portogallo il pane è un cibo essenziale: raccoglie in sè tante tradizioni e tanti odori.
La sensazione più incredibile che vivo ogni giorno è la tonalità dei colori, qui. Sono vivi, accesi e nitidi: sembra che qualche bravo artista si diverta quotidianamente a pitturare con nuove sfumature la città intera. Vorrei promettermi di non perdere alcun tramonto da oggi fino alla fine dei miei giorni: c’è l’imbarazzo della scelta nel trovare un angolo, una curva, uno scorcio dove potersi immergere e contemplare il paesaggio che arrossisce. Beata Natura.
Vivo con una ragazza portoghese. Teresa e i vicini hanno deciso di adottarmi: nei mesi di settembre e ottobre abbiamo passato le serate sotto le stelle, in giardino, a mangiare comida portoguesa, raccontandoci le nostre culture, condividendone analogie e differenze, anche grazie a You Tube.
Mi incanta e mi conforta la stra-ordinaria somiglianza nelle diversità culturali: una sera Teresa ha mostrato alcune danze e cori folkloristici ed io, a bocca aperta, le ho presentato un video della mazurca romagnola e una melodia del coro CAI alpino. Suoni e colori differenti, eppure tutto è legato da una evidente analogia. La capacità dell’essere umano di creare ed inventare si trova dappertutto e unisce i popoli. Almeno così dovrebbe essere.
Ad ogni viaggio e ogni persona che incontro, capisco che ho ancora tanto da imparare. E ogni volta che imparo qualcosa di più, mi scopro ancora più ignorante. Credo che un’intera vita non basterà per conoscere il mondo e apprezzarne tutti i suoi angoli. Ma già provo a conoscerne spicchi. Non è poco. O almeno credo.
Nel mio estremamente piccolo essere, cerco quotidianamente di scoprire, ascoltare, tendere occhi e mani per assorbire tutto ciò che può essere utile a me, a chi mi circonda e a chi ora è lontano.
Vivo nella speranza di migliorare qualcosa, in me prima di tutto. Amalgamandomi con chi incontro e con la diversità che posso assaggiare. Non dimentico le mie radici, quelle di nebbia e di zanzare. Sono anche loro ad avermi cresciuta!
Ah, la tenerina ferrarese è già stata ben apprezzata e ho scoperto che il salame di cioccolata c’è anche qui…!
Penso che le tue esperienze siano una fonte di ispirazione anche per gli altri…grazie Chiarka:-)