La matematica

Tutti noi, durante i nostri studi universitari, ci siamo imbattuti spesso in amici che per attaccare discorso ci hanno chiesto: “E tu cosa studi all’università?”. Domanda banale. Risposta difficile.

Innanzitutto già rispondere: “Ah, sai io studio matematica…” provoca un mezzo terremoto, fra chi non crede che possa esistere un luogo dove si studi solo questa disciplina e chi comincia a guardarti con sospetto. Insomma cresce dentro di te il dubbio di essere un alieno sceso dal pianeta Quasi Ovunque della galassia di Certamente Denso. Ma è l’affermazione che il tuo interlocutore fa dopo l’iniziale momento di sbigottimento che ti fa sudare freddo: “Ci sai fare con i numeri allora! Quanto fa 329 moltiplicato 29?”. E qui c’è chi si butta, risponde sperando non ci sia una calcolatrice a portata di mano oppure c’è chi, come me, tenta di spiegare che noi matematici non giochiamo con i numeri, anzi molto spesso i calcoli più semplici, da scuola elementare, ci mandano in confusione. Infatti è arcinoto come molti matematici siano dei veri e propri incapaci nello svolgere le cose più semplici della vita di tutti i giorni, come ad esempio controllare che il giornalaio ti dia il resto giusto… Ma questa è un’altra storia.

Dunque che cos’è la matematica? È mai possibile che qualcuno perda tempo a studiarla? Ma soprattutto cosa c’è di nuovo da studiare in matematica? La migliore definizione di Matematica che io abbia mai  visto finora la si può trovare in un famosissimo romanzo di un matematico, tale Lewis Carroll noto soprattutto per aver scritto “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Proprio in questo libro si trova a un certo punto il dialogo fra la protagonista, Alice, e un gatto molto particolare, lo Stregatto.

Alice: Volevo soltanto chiederle che strada devo prendere!

Stregatto: Be’, tutto dipende da dove vuoi andare!

Alice: Oh veramente importa poco purché io riesca…

Stregatto: Be’, allora importa poco che strada prendi

Alice: Ma lei è un Gatto?

Stregatto: No, uno Stregatto Astratto

Poco importa che strada prendere se non si sa dove si vuole andare e così è anche nella matematica: si fissa un punto di partenza  e si costruisce con la ragione una strada o si segue quella già tracciata da altri, ma se non si sa dove si vuole andare poco importa che direzione si prende, è sufficiente usare la propria ragione e decidere di conseguenza. Lo Stregatto risulta così essere la personificazione della matematica che detta poche regole iniziali e poi lascia libero il gioco, che sembra un gatto ma non lo è. Come un triangolo in matematica non è una forma fisica ma la sua idea astratta, così anche lo Stregatto è uno Stregatto astratto.

Insomma, come ebbe a dire un famoso matematico e filosofo, Bertrand Russell, nonché premio Nobel per letteratura nel 1950 (unico matematico ad aver ricevuto tale premio),  la matematica può essere definita come la scienza in cui non sappiamo mai di che cosa stiamo parlando, né se ciò che diciamo è vero ma, aggiungo io, lo stiamo facendo immensamente bene. Infatti in fin dei conti il rigore, la sintesi e il linguaggio formale della matematica nascono tutti da un’innata esigenza estetica umana. Lo disse anche il poeta Fernando Pessoa :“Il binomio di Newton è bello come la venere di Milo, peccato che pochi se ne accorgano”.
Dunque la disciplina scientifica per antonomasia ha un fondamento puramente estetico, come è noto sono stati i Greci con Euclide i primi a costruire edifici matematici basati puramente sulla ragione e non sull’esperienza. Tutti abbiamo sentito parlare della dimostrazione euclidea sull’infinità dei numeri primi, dimostrazione valida tutt’oggi e tutt’ora ammirata come una dei massimi esempi di purezza e rigore matematico, sintesi e rigore. Quale altra disciplina scientifica può ritenere validi risultati di tali epoche? Nessuna, mentre dal lato artistico-letterario apprezziamo tutt’ora le opere di Omero così come matematicamente si apprezza l’opera di Euclide. È dunque giunta l’ora di riportare la matematica fra le discipline umanistiche là dove è nata e dove continua a svilupparsi.

In conclusione non esistono vie regie, dritte, per giungere ad un risultato matematico, non bisogna mai scoraggiarsi come disse il grande matematico Von Neumann: “La matematica non si capisce, alla matematica ci si abitua” apprezzando un ragionamento, una  virgola, un segno come si fa con una pennellata davanti ad un quadro di Picasso o di Van Gogh.

Comments
8 Responses to “La matematica”
  1. federicabonzi ha detto:

    Approccio molto carino,diverso,divertente,ma…. Adorerei capire la matematica e le sue leggi, sono anche molto razionale e spesso, ai tempi della scuola,come una matta parlavo con il testo del problema dicendogli che ero più intelligente di lui e che siccome una soluzione c’era, la mia capacità di ragionamento l’avrebbe trovata. Ne discende che o io ho poca capacità di ragionamento oppure, e tenderei a questa ipotesi, la matematica e io non ci comprendiamo vicendevolmente. Peccato, mi sarebbe piaciuto incontrarti, parlarti, amarti. Sei un amore impossibile, perduto e rimpianto.

    • Aspettiamo la risposta di Dario che è anche un dottorando in matematica – come ce la fa?! – ma intanto, cara Federica, ti confessiamo che almeno 2 di noi nella redazione sono delle vere e proprie capre in matematica. Non “poco adatti”: capre.
      Alla Sgarbi.
      Consolati, non sei sola.

    • dario26 ha detto:

      La mia personale convinzione è che la matematica sia una lingua razionale universale, con numerosi dialetti, e come ogni lingua si impara usandola vivendoci in mezzo tutti i giorni e solo dopo studiandone le regole e la grammatica…. Prima si impara ad apprezzare la lettura di un romanzo e poi se si è bravi se ne scrive uno corto o lungo, bello o brutto e così anche nella matematica prima si apprezza la dimostrazione di un teorema e solo dopo se si è bravi se ne dimostra uno…. Insomma, mi ripeto, alla matematica ci si abitua…

  2. Anna ha detto:

    caro Dario, mi è piaciuto molto il tuo articolo.La prima parte mi ha fatto venire in mente una frase di Descartes (italianizzato Cartesio): “La matematica è l’arte di non fare i calcoli”. La seconda parte invece mi ha rimandato a Luigi Ambrosio (matematico contemporaneo): “La matematica è la disciplina in cui ha forse più rilievo l’incontro diretto, il dialogo. I massimi risultati nascono dalla conversazione. La ricerca nel nostro campo vive di un principio dialogico affine a quello che anima la filosofia classica”. Mi trovo, dunque, perfettamente in linea con la tua conclusione.

    • dario26 ha detto:

      Mi fa piacere che ti sia paciuto il mio articolo. Trovo perfette le tue citazioni, in particolare la seconda esprime una verità che purtroppo la gente dall’esterno non vede. Si pensa al matematico come un solitario strambo personaggio. Mentre, invece, quasi sempre si lavora in una squadra dove le gerarchie quasi non esistono, se non quelle dettate dalle capacità, e ci si confronta come tra pari anche fra dottorandi e professori ordinari (almeno nella mia limitata esperienza).

  3. Pietropaolo Morrone ha detto:

    Beh, come non essere d’accordo, ma purtroppo siamo in un paese in cui la cultura scientifica ha un peso ridotto. Si pensi all’esiguo numero di ore di matematica (5 settimanali) e fisica (2 settimanali) nei licei scientifici – mentre le ore di latino sono 4 addirittura! Ho preso l’abilitazione l’anno scorso in matematica e fisica e durante il tirocinio mi sono reso conto di queste follie, visto che, avendo fatto il liceo classico, non avevo mai avuto modo di riflettere sul peso delle varie materie.

    C’è poco da fare, l’ignoranza della matematica e della fisica sono da considerarsi piccoli peccati veniali; stessa cosa non si può dire, purtroppo, dell’ignoranza nelle materie umanistiche.
    Eppure, dovremmo ricordare a chi siede beatamente nei ministeri, che le prime opere di indagine sulla natura erano scritte in versi, da Parmenide, a Lucrezio…

    Creare confini è utile ma pericoloso.

    • dario26 ha detto:

      D’accordissimo, purtroppo anche il fatto di insegnare la matematica e la fisica come un insieme di regole totalmente scollegate dal mondo esterno e senza legami con le altre materie non giova alla cutura scientifica… insomma sembra che certe cose cadano dal cielo, mentre invece un profumo pluridisciplinare gioverebbe molto… (approfondire meglio durante le ore di filosofia leibniz e newton oppure leggere i testi di tartaglia e galileo e altri durante le ore di italiano… e così via..).

      Il considerare peccato veniale l’ignoranza della matematica e della fisica è qualcosa che veramente non riesco a comprendere: come ci si può presentare come intellettuali se poi si ignorano le basi della cultura scientifica in un’era come la nostra? Come diceva un mio professore all’università: “Quando qualcuno ti dice che non ha mai capito nulla in matematica, tu rispondigli che neanche tu hai mai capito nulla del libro di Pinocchio, così vedrai sulla loro faccia quello che tu hai pensato ascoltando le sue parole…”.

      Vero, creare confini è utile ma è pericoloso quando diventano delle barriere invalicabili.

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